Artigianato

Il corallo di Carloforte

In Sardegna la lavorazione del corallo è pratica di antica origine. Fin dall'antichità infatti il mare che circonda l'isola è stato l'habitat ideale di questa meravigliosa specie, la cui pesca risale alla dominazione cartaginese, periodo in cui la sua estrazione e lavorazione raggiunsero i massimi livelli. È certo che in epoca romana ancora fosse praticata la sua pesca, anche se documenti ufficiali che vi si riferiscono esplicitamente esistono solo a partire dal XIII secolo.

Utilizzato moltissimo per la creazione di oggetti destinati a rituali sacri, per un lungo periodo il corallo fu appannaggio dei monaci benedettini, mentre a partire dal XII secolo genovesi e pisani s'imposero nei mari sardi, come pescatori di corallo. Era il 1738 quando i primi coloni liguri provenienti dall'isola di Tabarca sbarcarono sull'isola di San Pietro, attratti anche dalla ricchezza dei fondali marini in riferimento al prezioso materiale, alla cui pesca erano soliti dedicarsi anche nel mare tunisino. Una volta insediatisi a Carloforte i tabarchini continuarono la tradizione che li aveva contraddistinti precedentemente, contribuendo ad arricchire la già preziosa tradizione sarda.

Il corallo carlofortino, che veniva acquistato da commercianti provenienti da Genova, Livorno e Torre del Greco, era costituito dalle qualità denominate: "color rosa", rarissimo e di grande pregio; "colorito rosso vivo" (detto mostra), a cui si accompagnavano anche qualità più scadenti, denominate "sottomostra", "corpo di corallo", "terraglio" e "sbianchito chiaro".

Oggi, nonostante a Carloforte non ci sia più quasi nessuno che si dedichi alla sua estrazione, continua a rimanere viva la tradizione della lavorazione del corallo grazie alla presenza di alcuni laboratori orafi e artistici che utilizzano il prezioso materiale per la creazione di gioielli e oggetti di pregio.

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